A volte mi chiedo dove sia l’uomo che temevo
e che mi ha cresciuto
con Jesus Christ Superstar e Colpo Grosso
prima che cominciassi a fumare e decolorarmi i capelli,
secondo una costellazione pedagogica tutta sua,
fatta di sorsi di brandy, di leggendarie bugie
per cui la mia voce era quella di Astrifiammante,
Der Hölle Rache kocht in meinem Herzen
(La vendetta dell’Inferno ribolle nel mio cuore)
ma che non mi permetteva di credere
a quella favola hollywoodiana
del ricco che salva la puttana
(non esistono i principi azzurri e nessuno ti verrà a salvare, diceva),
in quel vecchio che rifiuto di vedere malato.
Quell’uomo, mio padre, esiste ancora
celato in quella sete di vino a buon prezzo e voglia di lottare,
in quell’assuefazione alla vita
che ha sostituito i tre pacchetti giornalieri di Diana Blu morbide.
Resiste nel negarmi la sua paura
allo stesso modo in cui decideva cosa era adatto al mio sentire
e cosa i miei occhi non dovevano vedere
dietro alla sua mano di ulivo capitozzato,
tra gli sbuffi rossi di polvere del suo sangue al confino.

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